In questo periodo di emergenza COVID, di distanziamento sociale in alcuni momenti estremo, docenti, studenti, dirigenti e genitori si sono trovati “catapultati”, in modo tanto immediato quanto inimmaginabile, in una didattica a distanza che Marco Orsi ha recentemente definito “totale”: proprio questo aggettivo dà la misura della differenza effettiva dell’esperienza che stiamo attualmente vivendo, rispetto a qualsiasi altra modalità di didattica digitale.Nel Movimento di scuole Senza Zaino, è iniziato un percorso di riflessione, di lavoro e formazione, che, oltre a interrogarsi sul presente, pone seria attenzione alla fase della “ripartenza”, alla profonda riorganizzazione della scuola che ci attende in vista del prossimo anno scolastico. Significativa occasione di scambio e confronto, in questo senso, è stato il Webinar, organizzato dall’Associazione Senza Zaino, che si è tenuto mercoledì 29 aprile scorso, dal titolo “La DADT e la ripartenza”.All’incontro, coordinato dalla Vicepresidente dell’Associazione SZ Monica Mariti e introdotto brevemente da Marco Orsi, hanno partecipato i componenti del Consiglio Direttivo dell’Associazione, il Gruppo Fondatore di SZ e la Cabina di Regia del Progetto L’ora di Lezione Non Basta (LODLNB). Sono intervenuti Alfonso D’Ambrosio, Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Lozzo Atesino (Padova), DonatellaTurri, Direttrice di Caritas Lucca, membro dell’Osservatorio Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, coordinatrice del Progetto LODLNB, Maurizio Maglioni, Presidente dell’Associazione Flipnet, Antonio Fini, Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Sarzana. I relatori hanno dato, anche da punti di osservazione diversi, un importante contributo a una riflessione non facile ma sfidante riguardo al ritorno nelle classi, in vista del quale ci attendono questioni complesse e di grande responsabilità. Sono ancora ipotesi quelle che giungono dal Ministero rispetto alle modalità di rientro a scuola: sdoppiamento di classi, frequenza della stessa classe a turno, riduzione o rimodulazione del tempo scuola settimanale, attenzione privilegiata, rispetto all’attività didattica in presenza, per le classi prime di ogni grado scolastico. I cambiamenti sono rapidi e i contesti scolastici molto differenti tra loro, non è facile immaginare esattamente la situazione in cui ci troveremo a settembre prossimo. È importante, per questo, prevedere più soluzioni, tenendo sempre presenti le esigenze delle famiglie che non potranno assistere i figli a casa, nel momento in cui tutti gli adulti rientreranno alle loro attività lavorative e dovranno dedicarsi alla “ripartenza economica” del Paese e alla sussistenza dei singoli nuclei familiari. D’Ambrosio ha evidenziato che non potremo pensare di organizzare la didattica senza tenere conto dei vincoli dettati dal distanziamento sociale, in primo luogo riprogettando spazi interni ed esterni alla scuola e allestendo diversamente le aule e le aree comuni, ma anche investendo su arredi con caratteristiche di maggiore flessibilità, inserendo strutture mobili come paretine fonoassorbenti o in plexiglass, dotando tutti gli studenti e gli ambienti di device e connessioni internet adeguate, accordandosi con la comunità civile per il reperimento dei dispositivi sanitari più appropriati, coinvolgendo il territorio nell’individuazione di ambienti che possano essere utilizzati temporaneamente come pertinenze scolastiche. D’Ambrosio ha condiviso con i partecipanti una riflessione che è emersa dal confronto con i suoi collaboratori e i docenti SZ del suo Istituto: in tutto questo, cosa resterà di Senza Zaino? Resterà forse la grande “agorà” della comunità educante allargata, a cui sono state spalancate le porte in questa fase di emergenza e che ha dimostrato quanto, se coinvolta, sappia spendersi per la scuola e il benessere dei bambini e dei ragazzi. Resterà l’attenzione rigorosa alla progettazione della lezione con IpU, procedure, timetable, planning, strumenti che hanno dimostrato la loro significativa efficacia anche a distanza. Resteranno sistemi di responsabilità più “estesi” che impegneranno gli allievi in routine di incarichi quotidiani non solo a scuola, ma anche a casa. Resterà una comunità dei docenti più compatta, che non ha potuto fare a meno di allearsi per fronteggiare una situazione inedita e per certi versi sconvolgente.
Donatella Turri, nel suo interessante intervento, ha sottolineato l’impegno dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, di cui fa parte, di analizzare e recepire, nell’elaborazione del Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, le nuove forme di emarginazione sociale e culturale che emergono in questa fase di pandemia Covid. Diseguaglianze sempre più forti non solo tra Nord e Sud d’Italia, ma anche tra città e aree interne, addirittura tra quartiere e quartiere dello stesso Comune. Se la possibilità di connessione tra scuola e studenti si riduce alla sola connessione Internet, essa dovrebbe essere almeno garantita in modo uniforme in tutte il territorio, ma sono molte le zone geografiche in cui il collegamento è debole o scadente. Inoltre, la possibilità di accesso ai contenuti digitali dell’attuale didattica a distanza dipende molto dal livello di scolarizzazione delle famiglie: nuclei stranieri o poco alfabetizzati sono spesso incapaci di fruire delle risorse culturali e formative messe a disposizione via web. Non è possibile esimersi, sostiene Turri, dall’intraprendere una vera e propria battaglia politica per garantire livelli essenziali di prestazione a tutti. La scuola poi, a cose normali, riesce ad assicurare un tempo di “custodia protetta” ai minori a rischio, che oggi si trovano invece lasciati a se stessi per l’intera giornata. Si eleva vertiginosamente il rischio di devianza, dispersione scolastica, emarginazione socio culturale dei più deboli, in particolare dei disabili, per i quali non sono attualmente a disposizione nemmeno i Centri diurni e la cui assistenza ricade quindi totalmente sulle famiglie. Si configura poi una nuova forma di “dispersione scolastica”, che non significa abbandono vero e proprio della scuola, ma marginale o saltuaria presenza e partecipazione alle attività proposte con la DAD. In questo quadro allarmante, c’è un’area di potenziale? chiede per concludere Donatella Turri. A suo parere, la nuova possibilità che emerge nello scenario surreale che stiamo oggi vivendo consiste nel fatto che, finalmente, la “scuola esce dalla scuola”, per confluire in una realtà molto più grande, la “città che educa”. La scuola può diventare pivot di cittadinanza attiva, permettere ai ragazzi di condividere con la comunità allargata la visione di una scuola nuova e di una società che li veda protagonisti e tenga presenti i loro veri bisogni. Maurizio Maglioni, nel suo intervento, riprende il concetto di scuola che “esce da se stessa”. Rileva come essa si sia sparsa sul territorio facendo il suo ingresso nelle case e coinvolgendo le famiglie oltre certe stantie prassi consolidate. Maglioni si riferisce alla normativa vigente quando sottolinea come la partecipazione concreta delle famiglie al progetto educativo per gli studenti sia doverosa e assolutamente necessaria. Possiamo immaginare una vera comunità educante che non si fermi al solo edificio scolastico? Maglioni propone alcune idee precise, come creare un file-portfolio personale condiviso da tutto il team docente o dall’intero Consiglio di Classe, su cui annotare congiuntamente ogni possibile riflessione riguardo allo studente. Profilare l’allievo a 360° consentirebbe uno scambio e un confronto più consapevole con i genitori. Proseguendo nella sua riflessione, il presidente di Flipnet evidenzia come una nuova organizzazione della didattica potrebbe rendere opportuna l’aggregazione delle discipline, in ragione della riduzione dell’orario delle lezioni in presenza. La questione delle discipline è delicata e pone una riflessione che in SZ è viva da tempo. La scuola “tradizionale” punta tutto sulle discipline, sui contenuti e sul voto. Ma l’obiettivo principale del sistema formativo, ce lo dicono chiaramente le Indicazioni Nazionali, sono le 8 Competenze Europee e sappiamo bene che più discipline (aggregazioni) concorrono a formare il “contenuto” di una competenza. Anche la normativa in materia di Certificazione delle Competenze (in particolare si veda la CM n. 3 del 2015) auspica che la certificazione non rimanga mero adempimento amministrativo, ma retroagisca sulle pratiche didattiche in atto nelle scuole. Torniamo, quindi, alla normativa, esorta Maglioni. E rinnoviamo la didattica. In poco tempo abbiamo sperimentato e conosciuto la grande efficacia di strumenti, software, app e piattaforme che permettono di fare didattica in modo efficace, dare feedback immediati al lavoro degli studenti, condividere materiali fra docenti e allievi, praticare la differenziazione dell’insegnamento e, non ultimo, organizzare incontri fra docenti e fare formazione senza spostarci da casa. Antonio Fini rinforza i concetti espressi da Maglioni, sottolineando come il digitale sia stato, in molti casi, ignorato o dimenticato: la situazione attuale ha messo in evidenza un vero limite e il fatto che molti insegnanti sono stati costretti a fronteggiare l’emergenza con grandi difficoltà, essendo sprovvisti di competenze digitali. Fini rileva che è necessario non solo conoscere gli strumenti tecnologici ma anche comprendere a fondo cosa è più adatto ai singoli contesti e alle diverse fasce di età: ad esempio, ritiene assurdo usare il mezzo della video conferenza per i bambini della scuola dell’infanzia, se non per mantenere vivo il contatto e far percepire la presenza della scuola anche da lontano. Una didattica digitale significativa ed efficace è profondamente inclusiva e non solo nei confronti dei bambini con problematiche di disabilità o con bisogni educativi speciali, ma di tutti. Sottolinea infatti che la diffusione della connessione a internet e la dotazione personale di device degli studenti è “a macchia di leopardo”: nel suo stesso Istituto, ci sono zone anche vicine tra loro che hanno possibilità di accesso alla rete internet completamente diverse e per questo inique. Ricorda che, nel richiedere gli strumenti didattici alle famiglie per gli allievi, i docenti hanno sempre indicato materiali come quaderni, fogli, album ecc., senza mai far riferimento a dispositivi di altro tipo, come tablet o notebook. È fondamentale dunque rivedere le richieste alle famiglie e prevedere nella programmazione didattica anche l’integrazione di mezzi come la televisione, che oggi sembra avere di nuovo un ruolo fortemente culturale e di sostegno alla scuola. Di questo periodo, Fini terrebbe ferma anche in futuro la possibilità di svolgere a distanza parte delle riunioni tra docenti e degli organi collegiali, dato che questa modalità si è rivelata economica da molti punti di vista e non meno efficace della modalità in presenza.
Infine, in riferimento al tema della necessaria riorganizzazione degli spazi scolastici, Fini ha parlato di “solidarietà sociale verticale”, cioè della possibilità per gli studenti più grandi, ad esempio delle scuole secondarie di II grado, di diminuire l’orario di frequenza in favore della condivisione degli spazi con i compagni di Istituto più piccoli.Per concludere, possiamo affermare che questo webinar, così ricco di spunti, ha dimostrato esso stesso come anche in una videoconferenza a distanza, sia possibile confrontarsi realmente e ricever input di alto profilo.