Ho letto in questi giorni, come tantissime altre persone, il documento-bozza delle nuove indicazioni 2025, sottoposto ad un dibattito pubblico che dovrebbe coinvolgere docenti, dirigenti, esperti del settore, organizzazioni di categoria, genitori ed io spero l’intera cittadinanza che crede che la scuola sia il primo baluardo di democrazia in cui far crescere ogni bambino e bambina del mondo.

Non le ritenevo necessarie, perché le indicazioni del 2012 aggiornate nel 2018 erano e sono ancora un ottimo documento pedagogico e culturale a cui la scuola può e deve fare riferimento.

Erano nate dal lavoro di un bel gruppo di esperti che ne ha fatto nei mesi successivi alla pubblicazione della bozza “una ballata popolare” come l’aveva definita l’amico Giancarlo Cerini: cioè una campagna di ascolto del pensiero di migliaia di insegnanti e cittadini per spingere a renderli consapevoli  dell’importanza di una trasformazione dal basso del modo di fare scuola dove il protagonismo dei ragazzi aveva ed ha un ruolo fondamentale per l’apprendimento.

Siamo stati per anni consapevoli che quelle indicazioni del 2012 potevano rappresentare una svolta nel modo di fare scuola dentro le classi, in particolare della scuola secondaria di primo grado.

Eppure così non è stato perché ancora oggi decine di migliaia di classi sono strutturate come le scuole del primo novecento: banchi in fila uno dietro l’altro, la cattedra -che ha perso la predella, ma rimane in posizione frontale rispetto ai ragazzi- i compiti, le interrogazioni e il voto: certo oggi si usano più strumenti tecnologici, si viaggia in internet, alcuni docenti nella loro ora di lezione usano metodi innovativi ma niente scalfisce un’organizzazione trasmissiva del sapere che termina con una valutazione punitiva che allontana i ragazzi dalla scuola e dal sapere.

Possono queste nuove indicazioni del 2025, che tra l’altro in diverse loro parti sottolineano di nuovo che ‘i tradizionali metodi frontali restano tuttavia fondamentali’ e ‘il racconto storico deve essere anzitutto conosciuto attraverso la spiegazione dell’insegnante’ e molto altro ancora… modificare questa scuola che  ancora oggi non risponde nella sua grande parte ai bisogni ed ai diritti dei bambini e delle bambine?

Sicuramente no, perchè anche questa ennesima proposta del ministro Valditara è una operazione di facciata che non inciderà sul modo di fare scuola di migliaia di docenti lasciando inalterati i problemi di cui la scuola soffre. Ancora una volta, a parer mio, questa è una operazione di ‘distrazione di massa’ restauratrice di una idea tradizionale e selettiva di scuola affossata anche dalla ricerca scientifica.

Queste indicazioni non troveranno ascolto nel mondo scolastico per due motivi: 1) i dirigenti e gli insegnanti più illuminati e coraggiosi continueranno ad adoperare la legge fondamentale che regola il lavoro delle scuole  – l’autonomia scolastica – per continuare a costruirsi curricoli, fare sperimentazioni, modificare gli spazi ed i tempi scuola, essenzializzare e scegliere i contenuti; 2) coloro che stanno ancora facendo la scuola di vecchio stampo trasmissivo continueranno a farla perchè non viene chiesto niente più di quello che già facevano maestre e maestri dello scorso secolo. 

Francamente mi preoccupa l’azione ‘restauratrice’ che questo documento – insieme ad altri- ha oggi nei confronti delle istituzioni scolastiche e quindi dei ragazzi e delle loro famiglie piuttosto che la sua penetrazione nel mondo scolastico perché molta scuola è così come la vuole questo documento: fonte di disuguaglianze, di iniquità, di povertà culturale e quindi di futuro compromesso per tanti ragazzi e ragazze.

Il governo dovrebbe affrontare  questi problemi che la scuola e la società si portano dietro da anni ed invece discutiamo della storia Occidentale, del latino, della letteratura ecc.

Voglio provare quindi a mettere in evidenza alcuni problemi che, per me, sono urgenze strutturali della scuola su cui questo governo  – lo ripeto – avrebbe l’obbligo di intervenire.

 

  1. Parto dai docenti. Sono stati eccezionali nel momento della pandemia perchè hanno mantenuto aperta e costante la relazione con i propri studenti; sono nella maggior parte professionisti del loro lavoro ma hanno bisogno: – di avere riconoscimenti economici maggiori, – di essere formati costantemente con modalità anche innovative che permettano loro di fare esperienze di ricerca azione costante nelle loro classi – e questa loro formazione deve essere obbligatoria e magari pagata-; hanno bisogno di avere possibilità di fare carriera dentro il loro ruolo di docenti.
    Non possono esistere docenti che non fanno mai formazione o si limitano a poche ore ogni tanto; non si aggiornano né sulle discipline che insegnano, né sulle metodiche per gestire la classe. Spiegare, interrogare, correggere compiti e mettere voti è una prassi ancora molto in uso come lo era nei secoli passati – e queste indicazioni ne ribadiscono la necessità.
    Il problema più grande che ha la scuola è proprio questo: non si innova la didattica, non si fanno innamorare i ragazzi alla scuola, non si instaurano relazioni nonviolente: tutti aspetti del lavoro del docente che si possono imparare. Invece nelle scuole si fanno corsi obbligatori sulla sicurezza, sulla privacy, sull’uso delle tecnologie mentre tutto il resto è opzionale ed a discrezione delle singole persone e nelle situazioni più illuminate dei singoli istituti.
    Sempre relativo all’organizzazione del lavoro dei docenti è incredibile che governo, sindacati e tutti coloro che assumono decisioni nei confronti della contrattazione del lavoro dei docenti non si sentano in obbligo di inserire ore di progettazione a modello della scuola primaria anche nelle secondarie di primo e secondo grado. Non si può costruire la tanto sollecitata ‘comunità professionale’ se non si permette contrattualmente l’incontro, lo scambio, il lavoro comune, la progettazione interdisciplinare. Affidare tutto questo alla buona volontà dei singoli è segno di una volontà politica che intende lasciare la scuola nello stato di abbandono in cui si ritrova.
    Quindi le nuove indicazioni piene di parole ‘illuminanti’ non modificheranno nulla verso l’organizzazione lavorativa e formativa delle persone mentre continueranno a sostenere coloro che intendono mantenere la scuola della Repubblica una scuola selettiva, escludente, punitiva.
    #Di queste Indicazioni la scuola di oggi non aveva bisogno! 
  2.  E i dirigenti? La mia esperienza mi dice che essi sono il motore del cambiamento di una scuola se hanno visione culturale e politica, hanno competenze relazionali, capacità di stabilire relazioni con il territorio. Oggi i meccanismi concorsuali che immettono i dirigenti in servizio non selezionano niente di cui il dirigente ha veramente bisogno per essere un buon dirigente scolastico. Con gli ultimi concorsi e con ricorsi e controricorsi sono entrati in ruolo centinaia di persone che hanno ‘paura’ a ricoprire il ruolo di dirigente, non hanno nessuna esperienza in organismi di direzione e si ritrovano da un giorno all’altro da essere un docente in classe ogni mattina a diventare la guida di persone eterogenee, ad essere il responsabile di una struttura complessa che  mette il dirigente  in contatto non solo con i docenti ed i ragazzi ma con centinaia di genitori, con amministratori locali e con una struttura burocratica degli uffici che fa sempre  più acqua.
    Il contatto, quasi quotidiano, con tanti dirigenti mi fa dire che se non cambiano le modalità di selezione dei dirigenti, se questi una volta entrati non vengono accompagnati almeno per tre anni da un ‘serio tutoraggio’ dove  anche il tutor risponde responsabilmente del lavoro del tutore; se non fanno una formazione obbligatoria e costante su temi complessi di gestione oltre sicurezza, privacy, ecc.. nella scuola italiana non si modificherà nulla.
    Accanto ai dirigenti poi dovrebbero esserci figure di middle management che supportano il lavoro complesso del dirigente. Anche queste figure -docenti in servizio opportunamente selezionati e riconosciuti contrattualmente- hanno bisogno di aggiornamenti continui sulla gestione delle organizzazioni.
    Le Indicazioni 2025 non apportano niente ai problemi sopra evidenziati. 
  3. Terza questione da affrontare dalle radici: gli organi collegiali ed in particolar modo quelli che vedono la partecipazione dei genitori. Non è pensabile che organismi di partecipazione introdotti per legge nel 1974 – apprezzati e sostenuti per lunghi anni – possano essere attuali ancora oggi dopo ben 50 anni di vita. E sebbene, a parer mio, gli organi collegiali come il consiglio di istituto o i consigli di classe, se ben gestiti, permettono ancora ascolto e dialogo e quindi decisioni condivise fra docenti e genitori, è necessario ripensare il ruolo degli enti locali nella gestione delle loro scuole e soprattutto dare valore democratico a questi organi che purtroppo nel tempo hanno perso.
    La partecipazione dei genitori e dell’ente locale  alla vita della scuola aiuta la scuola stessa  ad aprirsi, a confrontarsi, ad uscire da quelle anguste stanze ormai barricate di fronte ad un invadenza -non costruttiva di relazioni positive-  dei genitori attuali.
    Genitori arrabbiati sostenuti da avvocati poco disponibili alla mediazione entrano nelle scuole con comportamenti violenti: non si frena tutto questo se non viene di nuovo dato valore ad una partecipazione attiva degli utenti ai servizi culturali che la scuola offre.. Partecipazione che è fatta di conoscenza reciproca, di rapporti di fiducia, di informazione delle scelte della scuola dentro organi democraticamente eletti e funzionanti.
    Sicuramente la presenza degli enti locali dentro gli organismi collegiali come il consiglio di istituto avrebbe il compito di costruire visione e funzione della scuola in quel territorio, di mantenere un dialogo costruttivo fra il dentro ed il fuori coinvolgendo anche le famiglie in questo percorso, nel rispetto dell’autonomia costituzionale che gli enti hanno.
  4. Quarta questione, a parer mio importantissima: il protagonismo attivo dei ragazzi, a cominciare dai più piccoli. La loro partecipazione non può ridursi, come è attualmente, ad essere presenti nei consigli di classe e nei consigli d’istituto della scuola secondaria dove spesso rimangono silenziosi – soprattutto nei consigli di classe – di fronte a docenti arrabbiati, lamentosi del comportamento dei ragazzi. Poco ascolto, poca com-passione, poca attenzione hanno dato sostanza ad una scuola punitiva, rigida, piena di adempimenti burocratici.
    Anche qui l’esperienza mi dice che i ragazzi che partecipano agli organi di gestione anche nella scuola secondaria di primo grado sanno porsi di fronte alla gestione dei loro percorsi di apprendimento ed ai loro comportamenti con più motivazione, con più curiosità, con più creatività, con più competenze. Bisogna acquisire come adulti – quella che l’Idana Pescioli definiva “Coscienza dell’infanzia”, cioè quella consapevolezza dell’importanza che i bambini, i ragazzi, i giovani hanno in quanto soggetti attivi, portatori di bisogni e di diritti che devono vivere, sperimentare, respirare l’agire democratico fin dalla più tenera età.


Tralascio per brevità del testo di affrontare i temi che riguardano la riduzione dei tempi scuola quando sarebbero necessari più tempi pieni soprattutto nella scuola di base, gli spazi degli edifici in tante zone d’Italia che hanno bisogno di essere messi in sicurezza ed adeguati ad una didattica più attiva, le difficoltà gestionali degli uffici amministrativi, la gestione del calo demografico che non può essere affrontato con soluzioni identiche in ogni angolo del paese…

Per concludere: Una scuola che agisce nel presente guardando ad un futuro nonviolento e di pace, dove valori come l’ospitalità, la responsabilità e la comunità sono architravi dell’agire degli adulti che stanno accanto ai ragazzi, si può fare. Ci sono oggi in Italia centinaia di scuole che agiscono nella direzione dell’equità, del benessere, della bellezza ed il senso dell’educare, che queste nuove indicazioni 2025 non riporteranno indietro perchè saranno ignorate nella loro versione ideologica del fare scuola.

I riferimenti culturali di queste scuole che curano il testo scritto a mano, che organizzano il lavoro differenziato in classe, che utilizzano stimoli culturali di qualità, che usano la valutazione ‘mite’ nei confronti dei ragazzi, continueranno ad essere le indicazioni del 2012 che hanno permesso la crescita professionale di molti docenti con ricadute importanti sull’apprendimento dei ragazzi.

#Di queste Indicazioni la scuola di oggi non aveva bisogno! 

 

Daniela Pampaloni

Pubblicato il: 18 Aprile 2025

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